La civiltà babilonese
Con l’affermarsi dell’uomo di fronte alla potenza della Natura e il conseguente acuirsi delle sue capacità conoscitive ed intellettive, la sua particolare aspirazione di comprendere e di interpretare la propria posizione nel cosmo, cominciò a concretarsi sotto forme nuove: dall’astrolatria, che si risolveva in una più o meno passiva venerazione dei corpi celesti e delle divinità ad essi attribuite, l’uomo passava ad una sempre più sistematica osservazione dei fenomeni puramente fisici in cui si manifestava la vita del cosmo per rendersi conto, se e in quale misura esistessero rapporti diretti fra i moti celesti e il divenire delle cose terrene, e specialmente se e in qual modo gli astri esercitassero un influsso immediato sulle vicende umane.L’astrolatria, quindi, cedeva il proprio posto all’astrologia.Ma per lungo tempo ancora la credenza mistica nelle divine qualità degli astri si conservava accanto all’esplorazione del cielo con metodi che già presentavano le caratteristiche di una disciplina razionale. Questo sviluppo fatalmente doveva portare un giorno al sorgere dell’astronomia dal seno stesso dell’astrologia; non altrettanto ineluttabile appare invece il fatto che più tardi ancora l’astronomia assumesse un atteggiamento di aperta ostilità nei confronti della propria madre e, rinnegandola con indignazione, si avviasse sulla medesima strada di tutte le altre scienze, ossia verso il radicale abbandono delle proprie premesse religiose e metafisiche.
Il processo della trasformazione dell’astrolatria in astrologia e della scissione fra quest’ultima e l’astronomia è durato interi millenni, ragione per cui in una esposizione destinata a dare un’idea esauriente delle basi storiche e scientifiche dell’astrologia non possono mancare continui richiami sia a tutto ciò che è intimamente legato alla prima esperienza dell’uomo e quindi anche alle sue credenze definite con termini di astrolatria, di cosmogonia o di astrosofia, sia a tutto ciò che fa parte del complesso delle essenziali cognizioni astronomiche. Sul declinare della loro civiltà, i Babilonesi hanno saputo tracciare cartogrammi delle orbite dei due luminari, compilare tabelle delle eclissi solari e lunari, calcolare la rivoluzione dei pianeti e precisare la posizione di alcune stelle fisse entro l’eclittica. La conoscenza delle costellazioni di quest’ultima sotto i nomi tradizionali, sembra esser stata tramandata agli astronomi caldei da un popolo che aveva vissuto in una regione a Nord di Babilonia, probabilmente nei pressi del Mar Caspio, ma lo zodiaco è stato da loro diviso in 12 parti uguali in 30 gradi ciascuna che d’allora in poi hanno conservato i nomi delle costellazioni stesse. Sebbene le 12 costellazioni dello zodiaco fossero state studiate sotto vari aspetti dagli iniziati babilonesi e ad esse venissero attribuite caratteristiche non molto diverse da quelle ormai diventate tradizionali, i sacerdoti caldei non si abbassavano tuttavia a compilare oroscopi individuali, anzi condannavano esplicitamente l’attività di coloro che in Babilonia come altrove e ad ogni epoca svolgevano tali pratiche a scopo di lucro. La credenza dei Babilonesi nell’esistenza di una gerarchia di divinità astrali, sopra le quali troneggiava impersonale e inafferrabile qualcosa come una suprema legge divina, affermava nel suo insieme il fondamentale principio dell’armonia universale che a sua volta logicamente portava all’essenziale concetto di corrispondenza fra cielo e terra. Gli eletti esponenti di quella antichissima umanità sapevano, tuttavia, mantenere un equilibrio perfetto fra la possibilità di conoscere la verità in via di mistica rivelazione e di trovarne contemporaneamente la conferma concreta grazie alla espansione indagatrice delle proprie facoltà conoscitive.
Dopo il tramonto della civiltà babilonese, le concezioni cosmologiche degli iniziati caldei non dovettero cadere nell’oblio; così l’Oriente come l’Occidente ne assunse l’eredità per assicurarne una nuova fioritura.
L’Antica Grecia
Mentre in India la dottrina del figlio reale Gautama detto Buddha imperiosamente s’imponeva ovunque e minaccia di sostituirsi integralmente alle antiche concezioni del brahamanismo; mentre in Cina Konfutse insegna con parole semplici una nuova sapiente regola di vita; mentre i veggenti di Israele (Geremia, Isaia ed Ezechiele) profetizzano l’avvento del Figlio dell’Uomo, nel mondo ellenico appare la schiera dei grandi filosofi provocando un profondo mutamento nel modo di pensare dell’Occidente. L’importazione in Grecia delle concezioni cosmologiche, che durante quasi 3 millenni s’erano sviluppate nel mondo assiro-babilonese, segnò il passaggio dell’astrologia dal piano impersonale a quello individuale. L’astronomia, da parte sua, aveva fatto nel frattempo considerevoli progressi, e si verificò quindi un fatto paradossale: molti dei suoi cultori cominciarono a rinnegare ogni parentela con gli astrologhi, mentre questi ultimi, a loro volta, si vedevano indotti a ricorrere sempre più decisamente alle scoperte degli astronomi per creare i primi sistemi scientifici di divinazione basati su metodi di osservazione e precisi calcoli. D’allora in poi le figlie della medesima madre vivranno e fioriranno una separata dall’altra, eppure l’astrologia invariabilmente si richiamerà alle leggi dell’astronomia, e l’astronomia continuerà a servirsi del patrimonio di concetti e di simboli ereditati dall’astrologia.
La tradizionale idea della corrispondenza fra l’alto e il basso, fra cielo e terra, propria del mondo assiro-babilonese, a poco a poco si vedrà completata da quella dell’Uomo-Cosmo.Il pensiero greco ha una parte decisiva in questa evoluzione antropomorfica. Così per ERACLITE tutte le cose sono prodotti di contrasti che si attraggono e si respingono reciprocamente, che cercano di sostituirsi gli uni con gli altri e nel medesimo tempo si compenetrano a vicenda. Sempre secondo Eraclite, la vita si risolve in un continuo moto d’elementi opposti e di energie in lotta. La sua celebre massima è il litigio è padre d’ogni cosa. Anche PITAGORA, che fu il primo a chiamare il Tutto Esistente cosmo, affermava l’esistenza di una reciprocità d’effetti fra quest’ultimo e l’uomo, ribadendo così a modo suo il principio di armonia universale, perno delle concezioni babilonesi, principio tuttavia che nella sua filosofia non appare più ispirato dalla deificazione degli astri, ma basato sul numero, sulla misura su leggi geometriche: nel sistema astronomico di Pitagora l’universo aveva la forma di una sfera in sè conchiusa, con un focolaio al centro, intorno al quale si compiva la rivoluzione dei corpi celesti. Dal punto di vista astrologico nella teoria di Pitagora interessa specialmente l’affermazione sull’esistenza di una anti-Terra, di un satellite del nostro pianeta, invisibile, poichè, secondo l’astronomo greco, per compiere il giro intorno al proprio asse la Terra impiega il medesimo tempo che le occorre per la sua rivoluzione intorno al focolaio universale, sicchè l’anti-Terra rimane sempre dalla parte del globo terrestre opposta a quella che “noi abitiamo“. Insostenibile oggi, questa teoria sembra aver dato origine ad una affine teoria moderna o di esserne almeno stata la precorritrice: secondo tale teoria, esisterebbe una luna nera (Lilith) che alcuni astrologhi prendono in considerazione compilando temi di natività. Le corrispondenze attribuite alla luna nera in molti casi si sono infatti rivelate conformi a determinate caratteristiche degli individui esaminati, particolarmente alla loro vita sessuale. Il materiale finora raccolto è tuttavia piuttosto scarso e si deve essere prudenti nel prendere in considerazione le corrispondenze del misterioso satellite.
Fra i contributi essenziali dei Pitagorici allo sviluppo dell’astrologia occorre ricordare l’affermazione sull’esistenza di un rapporto intimo fra matematica e musica, pensiero che in seguito fu predominante nel mondo greco. Introdotto nell’astrologia, questo pensiero servì a conciliare il principio degli opposti di Eraclite con una legge di moto ciclico e di corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo. Fu su questo terreno che maturò l’idea di affinità assoluta fra la vita del cosmo – espressione di armonia universale – e quella dell’uomo, espressione in sè contrastante del medesimo ritmo universale. Più tardi questa idea doveva riapparire regolarmente durante molti secoli negli scritti dei vari Padri della Chiesa.
Verso il II secolo a.C.,l’astrologia trovò un esponente eccelso in IPPARCO che, appoggiandosi sulle proprie scoperte astronomiche e seguendo il pensiero di Platone, secondo cui ogni fenomeno sulla Terra era in rapporto con eventi cosmici e il fisico dell’uomo costituiva una riproduzione di modelli celesti, il geniale figlio di Nicea precisò per la prima volta l’ordine delle corrispondenze fra i singoli settori della cintura zodiacale e le parti del corpo umano. I contemporanei s’impadronirono delle rivelazioni di Ipparco con massimo entusiasmo: è l’epoca in cui vengono compilati i primi temi di natività col preciso scopo di svelare l’avvenire di singoli individui. Ampliata in tal modo da nuove cognizioni, invigorita nelle sue premesse teoriche e perfezionata nei suoi metodi, nel medesimo tempo però spogliata quasi interamente dal misticismo e allontanata dalla sfera dei riti religiosi, d’ora innanzi rivestirà il carattere di una scienza uguale a tutte le altre e diventerà un articolo d’esportazione spirituale in altri paesi.
L’astrologia nella Roma decadente
I primi tentativi di stabilire leggi astronomiche aprendo la via alla radicale trasformazione dell’antica arte divinatoria dei sacerdoti caldei in una disciplina scientifica, celavano non pochi pericoli. La crescente importanza, che d’allora in poi nei metodi d’indagine veniva attribuita a criteri razionali, già in quel tempo minacciava di far dell’astrologia una specie di “materia matematica” e favoriva quindi il sopravvento di un piatto determinismo. D’altra parte, la medesima evoluzione facilitava il diffondersi della ciarlataneria. Ed infatti nella Roma decadente degli ultimi imperatori pagani l’abuso dell’astrologia a scopi di volgare lucro doveva assumere proporzioni che all’epoca di Ipparco sarebbero apparse impensabili. In questo fenomeno, che si ripete continuamente nel corso della storia, pare manifestarsi una particolare caratteristica dell’astrologia.Così nell’antichità come nel mondo arabo o in quello cristiano, l’astrologia è stata la grande attrattiva di uomini di pensiero e di studio, ma ha pure altrettanto invariabilmente subito la sorte di una vittima degli sfruttatori dell’ingenuità umana privi di coscienza e di istruzione.
Così,mentre l’Impero Romano stava per disgregarsi sotto la duplice minaccia dell’invasione germanica e del sorgere del cristianesimo, e nell’Urbe indovini di ogni genere si davano impuniti ed indisturbati al loro oscuro mestiere sfruttando le ansie dei cittadini, sul cammino dell’astrologia apparve un pensatore di statura eccezionale: CLAUDIO TOLOMEO. Il Tetrabiblos può infatti dirsi il primo trattato scientifico di astrologia pubblica in Occidente: Tolomeo attribuiva alle stelle fisse la facoltà di influenzare maggiormente i destini umani, stabiliva le categorie dei segni rispetto ai cosiddetti Signori e dedicava infine una parte del Tetrabiblos all’oroscopo individuale affermandone l’importanza e suggerendone vari modi d’interpretazione. Tolomeo fu, quindi, come uno fra gli annunziatori della nuova era, di quella nuova fase di civiltà che, con l’imminente trionfo del cristianesimo doveva portare l’umanità al piano spirituale d’esistenza, al quale già si conformava la mentalità individualistica dell’astrologia tolemaica.
Il piatto determinismo dei fattucchieri ed indovini della Roma decadente aveva fatto dell’astrologia una credenza fatalista rendendo l’uomo schiavo delle misteriose forze astrali. Quindi, senza definire in modo esplicito il concetto del libero arbitrio , PLOTINO premette tuttavia l’esistenza nell’uomo di un’intrinseca facoltà morale che gli permette di plasmare la propria vita. Secondo lui, è a tale scopo che gli è dato di intraprendere intuendo e ragionando insieme il linguaggio delle stelle che altro non sono se non segni rivelatori di divina saggezza.
Se a Tolomeo spetta il merito di aver saputo conservare per la posterità il patrimonio cosmologico dei Babilonesi, Plotino ha senza dubbio facilitato l’inserimento dell’astrologia nella concezione cristiana del mondo. Fu così impedito il degenerare dell’antica arte caldea in una insensata superstizione come sembrava fosse inevitabile all’epoca della decadenza romana. Certo, l’astrologia doveva correre il medesimo pericolo ancora molte volte anche nel corso della sua storia recente, ma la continuità della sua evoluzione non ha potuto più essere compromessa, e questo appunto perchè all’epoca della grande crisi di civiltà che segnò il tramonto del mondo antico e il sorgere del cristianesimo, l’astrologia aveva trovato sostenitori e difensori capaci di riconoscerne e di difenderne il valore. Il suo rifiorire ogni volta non solo si verifica sempre in epoche di grandi rivolgimenti, ma sorgono “spiriti eletti” disposti a proteggerne il patrimonio della profanazione, cui è soggetta proprio nei periodi di crisi ed ogni volta l’astrologia ne esce arricchita e purificata e spesso sia il pensiero filosofico, sia l’immediata comprensione della vita si aggrappano alla saggezza dei suoi fondamentali concetti come ad un’ancora di salvezza per rinnovarsi.
L’Astrologia nel mondo arabo
Se in Occidente nei primi secoli dell’era volgare l’interesse per l’astrologia si concentrava in primo luogo sul problema dei suoi rapporti con la dottrina cristiana, in Oriente la sua evoluzione procedeva piuttosto nel senso di un ampliamento delle sue basi teoriche e delle sue possibilità pratiche. Furono i maggiori esponenti dello Stato ad esserne i più fervidi difensori e sostenitori. Così ad iniziativa dell’imperatore Manuele Comneno in Bisanzio era sorta una cattedra di astrologia nella Università della capitale.
Così, nel medesimo periodo, ossia dall’ottavo all’undicesimo secolo, un contributo essenziale e duraturo allo sviluppo dell’astrologia aveva dato soprattutto il mondo dell’Islam, anche se negli Stati arabi di quell’epoca molti fra i suoi migliori esponenti non erano seguaci di Maometto. Così il califfo Al-Madgi poteva dirsi fiero di possedere un prezioso consigliere nel matematico TEOFILO D’EDESSA che professava la fede cristiana e godeva la fama di essere uno dei migliori astrologhi contemporanei. Il matematico e astronomo arabo ALBATENIO fu il primo a concepire l’idea di un sistema di case dell’oroscopo. Un astrologo di grande statura fu il traduttore e l’interprete arabo di Aristotele, il filosofo e medico Ibn Roscd, conosciuto sotto il nome di AVERROE. La sua dottrina e le sue concezioni cosmologiche, in cui egli si era mostrato più incline al materialismo e panteismo, furono tuttavia bandite dall’Università di Parigi e più tardi messe all’indice anche dalla Chiesa.
Il Medio Evo: Astrologia e Cristianesimo
L’astrologia nel Medio Evo doveva fatalmente tener passo con l’evoluzione del pensiero e subiva quindi tutte le conseguenze di quel processo di assorbimento e di trasformazione dei retaggi spirituali dell’antichità che rivelava la continuità della civiltà umana preparandone la grande fioritura nello spirito del cristianesimo. L’astrologia medioevale, considerata nella sua evoluzione storica, si presenta pertanto soprattutto sotto l’aspetto dei suoi rapporti con la religione. Più che in altre epoche precedenti, agli albori del cristianesimo l’astrologia ha dovuto subire una dura prova di fuoco. Il pensiero ispirato dall’esempio del crocifisso Figlio di Dio non poteva certo accettare una scienza o disciplina che, ridotta in cieca credenza dell’immutabilità del destino umano, come l’astrologia fu nella Roma degli ultimi imperatori pagani, pareva incompatibile con l’essenziale idea della grazia divina e quindi col concetto del libero arbitrio, ma gli esponenti della giovane filosofia cristiana non erano tanto miopi ed intolleranti da rigettare in blocco l’intero complesso dell’eredità cosmologica soltanto perchè vedevano le piazze delle città greche e romane pullulare di ciarlatani e di indovini che si dicevano iniziati nei segreti del cielo. Sin da quell’epoca si profilava invece la tendenza di distinguere tra veri e falsi astrologhi, atteggiamento che più tardi con inequivocabile chiarezza sarà assunto dal filosofo della cristianità TOMMASO D’AQUINO. I primi pensatori cristiani si trovarono dinanzi al difficile compito di dover detronizzare quell’astrologia che nella decadente Roma dei primi secoli cristiani era diventata una religione fatalista e di vagliare nel medesimo tempo alla luce della Rivelazione l’inalterabile sostanza della vera astrologia per rimetterla al suo antico posto d’onore.
Il gnosticismo, il tentativo cioè di conciliare varie tradizioni cosmogoniche con concetti d’ispirazione prettamente cristiana, fu alla fine respinto come eresia, ma la polemica con i suoi esponenti, sostenuta soprattutto da CLEMENTE D’ALESSANDRIA aveva fatto sorgere un insieme di principi fondamentali che dal suo discepolo ORIGENE sono stati coordinati in una specie di sistema teologico. Contrariamente agli apologisti che difendevano il cristianesimo dagli attacchi dei suoi nemici e combattevano ad oltranza tanto l’ebraismo e il paganesimo quanto il gnosticismo in tutte le sue forme, Clemente d’Alessandria e Origene hanno saputo inserire gli elementi preziosi della gnosi nella dottrina della Chiesa: Clemente d’Alessandria è anzitutto preoccupato di precisare i limiti dei rapporti fra cosmo e uomo, insistendo sulla responsabilità che ogni uomo deve assumere davanti a Dio per le proprie azioni volute e compiute liberamente. Origene, a sua volta, ammette senz’altro l’esistenza di una corrispondenza fra la cintura zodiacale e la struttura del corpo umano, e senza riconoscere alle stelle il potere di determinare e di guidare i destini umani, esprime la convinzione che i fenomeni cosmici annuncino l’avverarsi di vicende umane in quanto le stelle rappresentano un alfabeto celeste suscettibile di essere interpretato.
Una particolare posizione di fronte all’astrologia occupa SANT’AGOSTINO: nelle sue Confessioni (libro IV, cap. 3) egli racconta di essere stato indotto da un amico a “non spendere invano per quelle sciempiaggini lo studio e la fatica”, e la Città di Dio (libro V), a sua volta contiene un’esplicita e aspra critica delle pratiche divinatorie degli astrologhi. Sant’Agostino crede fra l’altro di poterne dimostrare l’assurdità con l’esempio di Esaù e Giacobbe dicendo a proposito di questi gemelli biblici: “Tanta fu la diversità della loro vita e nei loro costumi, tanta disparità negli atti, tanta la dissomiglianza nell’amore stesso dei genitori verso di loro che la stessa distanza li fece nemici”. (Ispirandosi ai criteri di S.Tommaso, Dante ha espresso in proposito un parere diverso e piuttosto contrario in Paradiso, VIII, 127- 133; che inoltre di molto avvicina le spiegazioni che la moderna astrologia scientifica dà del fenomeno della “diversità dei gemelli” e che autorizzano a considerare ormai superata la tesi di Sant’Agostino). Ma in altro luogo, Sant’Agostino sostiene tuttavia che “non sarebbe del tutto assurdo ammettere che certe influenze celesti abbiano un potere di produrre variazioni esteriori del corpo umano”.Egli cercava di difendere il cristianesimo contro ogni tentativo di alterarlo in modo incompatibile con le sue premesse fondamentali o di far addirittura risorgere al suo posto un nuovo paganesimo. Questo atteggiamento appare comprensibile qualora si pensi che Sant’Agostino visse in un’epoca in cui il cristianesimo aveva da poco cominciato a mettere radici veramente solide nel terreno devastato lasciatogli in eredità dalla tramontata civiltà greco-romana. Quando egli nacque, l’editto di Milano era in atto da appena 40 anni e nella memoria dei suoi contemporanei rimaneva ancora vivo il ricordo dell’audace tentativo di Giuliano l’Apostata – che si sapeva appassionato di astrologia- di risuscitare gli antichi Dei. La situazione sociale e politica dell’Impero d’Occidente era tuttavia tale da contribuire, nel primo Medio Evo, allo spostarsi progressivo dell’astrologia verso l’Oriente, in Bisanzio e nel mondo arabo.Il suo ritorno e rifiorire in Occidente non fu possibile che dopo il consolidamento del Sacro Impero.
In questo periodo travagliato dell’evoluzione del pensiero cristiano la tradizione astrologica aveva posto le menti e le coscienze dinanzi ad un altro problema non meno decisivo: che cosa si doveva pensare di Gesù, degli Apostoli, dei Martiri della Chiesa, della loro vita e opera ammettendo l’influsso delle stelle? Era l’una e l’altra prodotto, conseguenza di questo influsso? E se la risposta era affermativa, come conformarvi la divina natura del Redentore, la grazia di Dio senza la quale i grandi difensori e propugnatori della fede certamente non avrebbero potuto vivere e agire come l’avevano fatto? La polemica a volte si inaspriva poichè continuamente si facevano tentativi di erigere oroscopi di Gesù e dei Santi. Particolarmente vivace si fece a proposito la discussione intorno a quel misterioso fenomeno celeste che aveva chiamato i Magi alla culla del futuro Salvatore: “Abbiamo veduto in Oriente la sua stella e siamo venuti per adorarlo” (Matt, cap. II, 2).La maggior parte dei teologhi sosteneva che si fosse trattato di una apparizione del tutto eccezionale che mai si era manifestata prima e mai si sarebbe ripetuta più tardi, e si rifiutavano quindi di ammettere una qualsiasi indagine a carattere astrologico in rapporto con la nascita di Gesù. In tal modo si voleva impedire il sorgere di dubbi sulla sua origine soprannaturale che non avrebbe potuto non turbare le coscienze. Ma in realtà tutta la discussione non aveva consistenza ed era stata provocata in ultima analisi per colpa degli stessi astrologhi che in quell’epoca non sapevano precisare in modo inequivocabile quali fossero gli effettivi limiti dell’interpretazione oroscopica, problema che è stato definitivamente risolto forse soltanto dalla moderna astrologia, in quanto oggi il tema di natività viene considerato unicamente come uno specchio delle qualità morali, delle facoltà intellettuali e delle possibilità sociali di un individuo, sucettibili di essere da lui sviluppate nel corso della sua esistenza terrena in un determinato ambiente, sotto determinate condizioni e col concorso del suo libero arbitrio. Così nessun oroscopo può rilevare l’inafferabile scintilla della genialità come non può offrire la benchè minima indicazione sulla grazia divina che è stata o verrà concessa ad un individuo. Il problema, dunque, della “stella di Betlemme”, fu più tardi oggetto di attento studio e di precisi calcoli da parte di Keplero, che credette di poter affermare che si fosse trattato di una congiunzione dei pianeti Saturno e Giove nella costellazione dei Pesci.
Umanesimo e Rinascimento
Come abbiamo già potuto constatare più sopra, l’astrologia medioevale fu considerata soprattutto in rapporto alla religione; solo a partire dal 1400 questi rapporti cominceranno a perdere la loro importanza e presto saranno sostituiti da problemi connessi al rapido sviluppo delle scienze naturali. E’ opinione assai diffusa che il Rinascimento fosse l’epoca della luce che ha fatto dileguare le tenebre del Medio Evo, in realtà però proprio da allora in poi cominciò un rapido decadimento dell’autentica spiritualità cristiana. L’Umanesimo che avrebbe dovuto portare ad una riconciliazione fra natura e spirito, non solo rimase lontano dalla propria meta, ma, approfondendo il distacco della filosofia dalla metafisica (per adoperare un’espressione cara a coloro che credono di poter esaurire la caratteristica del Medio Evo con definizioni come oscurantismo e barbarie) o provocando la rottura del pensiero con l’autorità, rese incolmabile l’abisso fra fede e scienza. Ne conseguì una radicale trasformazione nel modo di concepire i rapporti tra cosmo e uomo alla quale inoltre essenzialmente contribuirono tanto la scoperta dell’America da parte di Colombo (1492) quanto la sostituzione del sistema universale geocentrico di Tolomeo con quello eliocentrico di Copernico che, rivoluzionando le concezioni geografiche e astronomiche, parevano aver condotto ad absurdum le antiche idee cosmologiche.
In questo clima di grandi rivolgimenti spirituali anche l’astrologia non potè non subire profondi mutamenti. Fu l’epoca in cui come non mai prima intensi ed insistenti si fecero i richiami degli astrologhi alle ipotesi e constatazioni degli astronomi, giacchè ancora non si era arrivati al tragico crocevia, ove gli ultimi si sarebbero voltati con intransigenza contro i primi; anzi l’astrologia e l’astronomia continuavano ad essere insegnate in stretta connessione l’una con l’altra nelle Università italiane e tedesche. Ovunque cominciarono a prevalere metodi d’indagine oroscopica basati unicamente su calcoli precisi con il conseguente sopravvento di criteri razionali nell’insieme della teoria e della pratica astrologica e quindi la minaccia di cadere nel piatto determinismo di certe scuole astrologiche del passato. In ogni caso, le caratteristiche e le interpretazioni delle forze planetarie a poco a poco venivano spogliate dei sostanziali presupposti mistici della cosmologia antica e medioevale. Così la maggioranza degli esponenti contemporanei dell’astrologia di quell’epoca, credette di poterla trasformare in una disciplina scientifica e liberarla definitivamente dalla qualifica di arte, nel tentativo di adattarla in un mondo che avanzava verso il superamento d’ogni forma di conoscenza che non fosse frutto di un freddo ragionamento, mondo della scienza razionalistica che già si accingeva a relegare l’astrologia nell’oscuro regno della superstizione; e fu proprio l’ambiguo atteggiamento dei suoi sostenitori a segnarne la sorte delle discipline astrologiche in questo senso.In tal modo, astrazion fatta da alcune clamorose condanne pronunciate dalla Chiesa nei riguardi di coloro che avevano tentato di attribuire vita e opere di Gesù e degli Apostoli all’influsso delle stelle, alla soglia dei tempi moderni l’opposizione contro l’astrologia sempre più si spostava dal campo religioso verso quello scientifico e d’altra parte, diminuiva sempre più il numero dei suoi sostenitori.
Fra i pochi uomini che nel Quattrocento ancora erano capaci di riconoscere l’essenza e il valore del retaggio cosmologico, occorre ricordare SAVONAROLA, il mistico con l’anima d’artista; e LEONARDO DA VINCI, l’artista con la mente di genio universale. Il contributo di Savonarola alla conservazione del retaggio cosmologico, si deve in primo luogo alle sue interpretazioni dell’Antico Testamento.I margini dell’ingiallito tomo della Bibbia da cui egli quasi mai si separava, giacchè dalla Sacra Scrittura traeva infiniti motivi di meditazione e altrettanti argomenti per le sue prediche, sono riempiti di note e spiegazioni del testo, e fra queste si trova anche un’intera scala di categorie anagogiche: il Sole corrisponde a Gesù, la Luna alla Vergine Maria, le stelle ai Santi, ecc. Inoltre nei suoi scritti, si trovano cenni all’idea del cielo stellato considerato come specchio in cuisi riflette il volto di Dio e l’uomo scopre la propria immagine. Inoltre, Savonarola, accusava aspramente gl’indovini e ciarlatani di attribuire all’influenza degli astri un potere tale da annullare il libero arbitrio degli uomini, ragione per cui si rendevano colpevoli di diffondere un pericoloso fatalismo. La sua ostilità nei confronti degli usurpatori dell’astrologia venne alimentata dai suggerimenti di Pico della Mirandola al quale era legato da intima amicizia. A proposito di PICO DELLA MIRANDOLA, che gli adulatori chiamavano “Fenice dei Geni“, bisogna chiarire la sua posizione nella storia del pensiero, riconoscendone cioè l’ingannevole splendore della sua “genialità” come espressione presuntuosa di un fallace cerebralismo: gli scritti in cui egli, con solita spregiudicatezza esprime i propri pareri al riguardo delle materie astrologiche, conseguentemente risultati essere privi di un qualsiasi valore scientifico o morale tanto più che, oltre a rivelare negli scritti in questione la propria incapacità di penetrare nella sostanza della materia astrologica, questo Don Chisciotte dell’onniscenza dà ripetutamente prova di quanto superficiale sia la sua effettiva conoscenza perfino degli elementari presupposti della materia stessa. Ma ciò non ci sorprende affatto qualora si pensi che lo stesso Pico della Mirandola considerasse i semipornografici Canti Carnevaleschi del debosciato Lorenzo de Medici come opera artistica incomparabilmente superiore ai canti della Divina Commedia! Quanto poi all’indubbia influenza ch’egli aveva esercitato su Savonarola, fra l’altro per indurlo ad assumere un atteggiamento intransigente nei confronti degli astrologhi contemporanei, occorre ricercarne le ragioni non tanto nell’eccezionale sagacità del “principe dei savi“, quanto nella particolare condizione psichica del suo amico domenicano.
Senza porre la personalità di Pico della Mirandola sul medesimo piano d’esistenza con quella di Leonardo da Vinci, ma mettendo piuttosto a confronto, nella prospettiva di antitesi culturale, la struttura di mente e il fondo morale dell’essere, si ha una chiara idea della sostanziale differenza fra l’umanesimo integrale radicato nell’autentica universalità e quell’umanesimo di filosofi e letterati paganeggianti, d’intellettuali colmi di cognizioni acquisite in tutti i campi del sapere che nel Quattrocento era scaturito sotto l’impulso della chimerica aspirazione di voler risuscitare ideali di una società tramontata in mezzo ad un mondo mutato nello spirito.
Leonardo certo non ignorava il concetto degli antichi filosofi secondo cui l’uomo rappresentava un “mondo in miniatura”, ma per giungere ad una visione unitaria della Creazione Divina, egli doveva percorrere la via di una duplice esperienza che tuttavia si riferiva ad una sola e medesima realtà: aveva da anatomo sezionato il corpo umano per farsi un’idea precisa della sua struttura, e con occhio sensibile alla bellezza aveva osservato ogni singola parte del corpo stesso in riposo e in moto per scoprirvi il disegno ideale della medesima legge di armonia universale che gli si rivelava in tutti i fenomeni della vita, in tutte le cose esistenti. Allo zelo indagatore e allo sguardo scopritore di bellezza certo non era sfuggito quel perfetto specchio dell’armonia universale ch’è il cielo stellato, ma finchè all’esperienza di anatomo e quella di artista mancava la conoscenza di astronomo, la spiritualità integrale di Leonardo non poteva sentirsi soddisfatta. Egli probabilmente non dubitava nemmeno che da parte degli iniziati nelle cose del sistema solare avrebbe trovato confermato quello che già sapeva grazie alla conoscenza del corpo umano e alla propria sensibilità artistica: il “mondo in miniatura” era stato creato sul modello del “mondo in grande“. Studiando il trattato astronomico di Tolomeo, egli si fece quindi dell’ultimo un’idea altrettanto chiara quanto quella che possedeva del primo. D’allora in poi fu convinto che l’uomo fosse composto di 4 elementi non diversamente dal corpo celeste che abitava: terra, acqua, aria e fuoco che a loro volta ne determinavano il variabile temperamento. Al colmo dello slancio creativo, questa fondamentale concezione cosmologica sarà sublimata da una intima esperienza religiosa.Ispirata dalla profonda meditazione sopra il significato mistico di un racconto evangelico, sorgerà un capolavoro di arte cristiana. Fra tanti altri episodi della vita del Redentore, ch’egli avrebbe potuto far rivivere col pennello d’incomparabile maestro, l’Ultima Cena di Gesù era quello che senza dubbio gli offriva le maggiori possibilità di esaurire gli essenziali contenuti del proprio universale umanesimo in una perfetta visione artistica. L’episodio stesso appartiene infatti a quel periodo conclusivo dell’apostolato e dell’esistenza terrena del Figlio dell’Uomo in cui Egli aveva fatto la sintesi di tutti i suoi insegnamenti concentrandoli nel supremo precetto dell’amore. Leonardo aveva l’intenzione di riprodurre “la cosmografia del piccolo mondo in 12 figure” simile a Tolomeo che nella descrizione del cielo aveva diviso quest’ultimo in “12 provincie”, ed egli si proponeva pure di dimostrare le varianti della natura umana rappresentando ciascuna di queste 12 figure con caratteristiche particolari che avrebbero permesso di distinguerne la diversità da ogni altra.
Così Leonardo ha finito per raffigurare la comunione fra il divino e l’umano, che costituisce l’essenza stessa del cristianesimo, in quanto nella Cena il cielo si trova in certo qual modo portato in terra. Conformemente al concetto che i 4 elementi contengono in potenza tutte le possibilità della natura e dell’esistenza umana, Leonardo ha diviso gli Apostoli in 4 gruppi. I gruppi stessi di 3 figure ciascuno sono disposti lungo la mensa due a due ai lati di Gesù, che dominando il centro dell’affresco, corrisponde al Sole, mentre ogni singolo dei 12 discepoli – considerato isolatamente – rappresenta un tipo fondamentale dell’uman genere in analogia con uno dei 12 segni dello zodiaco. Partendo dalla destra del dipinto, troviamo, seduto in capo alla tavola, l’Apostolo Simone che viene attribuito il primo segno dello zodiaco, ossia quello dell’Ariete; a Taddeo, seconda figura del medesimo gruppo sempre di destra, quello del Toro; a Matteo il terzo da destra, i Gemelli e così via nell’ordine dell’intero zodiaco. Particolarmente significativa è l’attribuzione del segno della Bilancia a Giovanni che si trova alla destra di Gesù (nell’affresco a sinistra), di quello dello Scorpione a Giuda colto nell’atto di rovesciare il sale, ed infine di quello dei Pesci a Bartolomeo dipinto, a differenza di tutti gli altri, con piedi distintamente visibili. I motivi che hanno indotto Leonardo a disporre i 12 discepoli nell’ordine in cui appaiono nell’affresco, non possono non essere stati da lui lungamente ponderati, senonchè da quello che effettivamente si sà della personalità e della vita degli Apostoli non è possibile trarre rispetto a tutti in uguale misura le caratteristiche conformi alla tradizionale tipologia cosmologica. E’ quindi da suppore che Leonardo abbia colmato le lacune della Scrittura lasciandosi guidare da indizi indiretti. Nel dipinto leonardiano il cielo stellato appare trasfigurato nella sublime visione di un atto mistico di portata ultratemporale che ha esaurito tutti i significati e contenuti dell’uman essere e divenire, poichè in questo atto si è concretata l’idea stessa dell’umanità. (CONTINUA……..)
(Bibliografia: Nicola Sementovsky – Kurilo “Astrologia.Trattato completo teorico-pratico” )
10 settembre 2011
Categorie: Astrologia . . Autore: narcoticoliquido . Comments: Lascia un commento